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Ottobre 2019

Pagamenti: i ritardi delle imprese continuano a crescere

Osservatorio Protesti e Pagamenti delle imprese | 2q 2019

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Per il terzo trimestre consecutivo sono in crescita i ritardi di pagamento delle imprese italiane. La quota di imprese in grave ritardo sfiora il 10% nel Mezzogiorno. Dal comparto edilizio l’unica nota positiva. Prosegue il calo dei protesti

Pagamenti

Il rallentamento della congiuntura economica continua a riflettersi in un peggioramento delle abitudini di pagamento delle imprese italiane. Tra aprile e giugno 2019 si registra, per il terzo trimestre consecutivo, un incremento dei giorni di ritardo accumulati verso i fornitori e della quota di aziende che paga con ritardi superiori ai due mesi, casi che possono sfociare in mancati pagamenti o in veri e propri default. È questo lo spaccato che emerge dall’Osservatorio sui protesti e pagamenti delle imprese  di Cerved, con dati aggiornati al secondo trimestre del 2019.

I dati di Payline, il database di Cerved che comprende le esperienze di pagamento su 3 milioni di imprese, evidenziano che nel secondo trimestre del 2019 le società italiane hanno saldato le fatture in media in 70 giorni. I tempi di pagamento sono più lunghi rispetto al 2q 2018 (+1,3 giorni), sia per effetto dell’aumento dei giorni di ritardo (da 11,9 giorni a 12,3 giorni) che in seguito ad un aumento delle scadenze in fattura (da 56,8 giorni a 57,6 giorni).

Dalla distribuzione dei ritardi emerge una polarizzazione dei comportamenti delle imprese: è in aumento la quota di imprese puntuali (dal 50,7% del 2q 2018 al 51,3% del 2q 2019) ma crescono anche le imprese che accumulano gravi ritardi (dal 5,8% del 2q 2018 al 6% del 2q 2019).  La quota di aziende con ritardi superiori ai due mesi cresce in tutte le classi dimensionali, con aumenti particolarmente marcati tra le PMI (dal 4,1% al 4,6%) e le grandi imprese (dal 4,5% al 4,9%) e più ridotti tra le microimprese (dal 5,8% al 6,1%).

A livello settoriale, le società manifatturiere fanno registrare un aumento della quota di imprese puntuali (da 54,8% a 56,4%) e un lieve peggioramento dell’incidenza dei gravi ritardi (da 4,9% a 5,0%). Stesso trend nel terziario, con le società puntuali puntuali che passano dal 47,4% del 2q 2018 al 48,2% del 2q 2019 e le aziende in forte ritardo che aumentano dal 6,1% al 6,3%. La polarizzazione delle abitudini di pagamento si conferma anche nelle costruzioni dove risultano in lieve aumento sia l’incidenza delle imprese puntuali (dal 61,2% al 61,3%) che di quelle in grave ritardo (da 4,9% a 5%).

I dati territoriali evidenziano una crescita della quota di imprese ritardatarie che si estende a tutte le aree della Penisola, eccetto il Nord-Ovest. Nel Nord-Est sono in leggero aumento il numero di aziende in grave ritardo (dal 3,6% al 3,7%), che si mantengono comunque su livelli molto bassi. La regione dell’area con un’incidenza dei gravi ritardi più alta è il Friuli Venezia Giulia (4,3% delle imprese totali accumula ritardi superiori a due mesi). Nel Nord-Ovest la quota di imprese in grave ritardo rimane stabile al 4,2%. La Lombardia si conferma la regione più virtuosa, con solo il 3,6% delle imprese della regione che accumulano ritardi gravi, mentre nel secondo trimestre 2019 i peggiori risultati dell’area sono fatti registrare da Liguria (5,7%) e Valle d’Aosta al (6,3%). Nel Centro Italia crescono le società che saldano i fornitori con ritardi medi superiori a due mesi (dal 5,6% al 5,7%). Le regioni  in cui si registra una maggiore quota di imprese ritardatarie sono Umbria e Lazio (rispettivamente 6,2% e 6,3%), con quest’ultima in ulteriore peggioramento su base annua (+0,2%). Risulta in aumento anche la quota di imprese ritardatarie nel Mezzogiorno, l’area in cui le attese per i fornitori sono tradizionalmente più lunghe (dall’8,9% al 9,5%). Le regioni in cui si evidenziano situazioni di maggiore criticità sono Sicilia e Calabria (rispettivamente con l’11,9% e l’11,6% di imprese in grave ritardo).

Continua anche nel secondo trimestre del 2019 il calo dei protesti, in atto ormai da sei anni. Tra aprile e giugno sono 7.102 le imprese non individuali cui è stato levato almeno un protesto, l’8,2% in meno rispetto alle 8.362 del secondo trimestre 2018. Il numero di protestati si è ridotto di un terzo rispetto ai massimi di 22 mila società protestate nei primi tre mesi del 2013. Il calo dei protesti si conferma un fenomeno diffuso a tutti i settori dell’economia e che continua a coinvolgere tutte le aree della Penisola.

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