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Aprile 2019

Rapporto PMI Centro-Nord: arriva la frenata nel 2019

Dal Rapporto PMI Centro-Nord del 2019 emergono due chiare tendenze. Da un lato, i segnali di ripresa fanno registrare una decisa accelerazione fino al 2017. Dall’altra, diversi indicatori suggeriscono un rallentamento dal 2018

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Dal Rapporto PMI Centro-Nord del 2019 realizzato da Cerved e Confindustria emergono due chiare tendenze. Da un lato, i segnali di ripresa già evidenziati nelle scorse edizioni fanno registrare una decisa accelerazione fino al 2017, con una piena uscita dalla crisi. Dall’altra, diversi indicatori suggeriscono un rallentamento nel 2018 con aspettative per il 2019-2020 di una frenata ancora più brusca per il sistema di PMI del Centro-Nord.

Una parte importante, e crescente delle PMI è costituita da imprese con un fatturato compreso tra 2 e 50 milioni di euro e che hanno tra 10 e 250 addetti. Proprio su questo campione, la parte più dinamica del tessuto imprenditoriale, si concentra l’analisi del Rapporto PMI Centro-Nord. Le imprese di capitali del Centro-Nord con queste caratteristiche sono 120 mila su un totale di 150 mila su base nazionale (l’80%): di queste, 50 mila sono localizzate nel Nord-Ovest (37mila nella sola Lombardia), 38 mila nel Nord-Est e 31mila al Centro.Si tratta in prevalenza di piccole imprese: secondo caratteristiche comuni a tutto il Paese, l’83% delle aziende ha meno di 50 addetti, ma Nord-Ovest (19%) e Nord-Est (18%) mostrano una presenza di medie imprese significativamente superiore alla media nazionale (16,9%). Le medie imprese del Centro-Nord, quelle cioè la cui forza lavoro è superiore a 49 addetti, sono infatti 21mila, di cui un terzo in Lombardia. Pur essendo solo un sesto del totale delle PMI analizzate, le medie imprese impiegano quasi la metà degli addetti, ma soprattutto generano il 54% del fatturato e del valore aggiunto dell’area, contraendo unaquota di poco maggiore di debiti finanziari. Le diverse ripartizioni mostrano risultati differenziati: dalle medie imprese viene oltre il 55% del fatturato nel Nord-Ovest e nel Nord-Est, meno del 50% nel Centro, a testimonianza di un tessuto produttivo più concentrato e più robusto nelle regioni settentrionali, e di una maggiore frammentazione in quelle centrali.

Nel 2017 accelera il fatturato e la redditività si avvicina ai livelli pre-crisi

Il buon andamento della demografia di impresa è accompagnato nel 2017 da un miglioramento dei conti economici, che fanno segnare una decisa accelerazione rispetto agli anni precedenti. Nel 2017, per il quinto anno consecutivo, i ricavi delle PMI del Centro-Nord sono in crescita, facendo registrare i tassi più sostenuti osservati nel corso dell’ultimo decennio. L’intensità risulta leggermente più elevata al Nord (5,7%) rispetto al Centro (4,6%). Allo stesso modo, il valore aggiunto, fa registrare l’incremento maggiore degli ultimi 10 anni: gli andamenti sono particolarmente brillanti nelle regioni del Nord-Est (+5,1%), con Emilia Romagna (+5,8%) e Trentino Alto Adige (+5,5%) che fanno registrare i risultati migliori.

Migliora, ma in maniera diversificata sul territorio, la redditività lorda delle PMI: il Nord-Est si conferma l’area più dinamica (con un MOL cresciuto del 4,6% nel 2017), seguito a poca distanza dal Nord-Ovest (+4,2%), mentre più contenuta è la crescita dei margini nelle regioni del Centro (+2,2%). Nonostante il recupero degli ultimi 5 anni, il divario con i livelli di redditività lorda pre-crisi rimane significativo: il gap è particolarmente ampio nelle regioni del Centro (-37,6%), mentre è più ridotto, ma sempre molto evidente nel Nord-Ovest (-23,5%) e nel Nord-Est (-12,7%). A pesare sulla competitività delle imprese del Centro-Nord è un costo del lavoro che cresce a ritmi analoghi (se non di poco superiori) al valore aggiunto, portando il CLUP medio del Paese a 68,4%, con un leggero incremento in tutte le aree interessate. Solo il Trentino Alto Adige ha superato i livelli di MOL registrati prima della crisi.

Migliora ulteriormente la sostenibilità di debiti e oneri finanziari

I debiti finanziari delle PMI, pur essendo tornati cautamente a crescere nel 2017 (+1,7% su base nazionale, oltre il 2% al Nord-Est e nel Centro), risultano significativamente più sostenibili, proseguendo un rafforzamento che dura da diversi anni. I debiti finanziari ammontano infatti a poco più del 60% del capitale netto nel Nord-Est (61,5%) e nel Nord-Ovest (63,9%), e si attestano all’82% nel Centro, a livelli molto distanti da quelli del 2007, quando i debiti superavano abbondantemente il capitale netto. Tale rapporto è in forte calo tra 2016 e 2017, grazie ad un deciso incremento del capitale netto investito nelle imprese, cresciuto dell’8,9% a livello nazionale (il 5% in più dell’anno precedente), con picchi dell’11,4% nel Nord-Est. Veneto e Liguria sono le due regioni in cui il ricorso all’autofinanziamento è cresciuto maggiormente nel 2017 (rispettivamente 17,8% e 17,4%), presumibilmente anche in relazione a difficoltà del sistema bancario. Anche rispetto ai margini, i debiti finanziari pesano di meno (3,1 volte il MOL nel Nord-Est, 3,2 nel Nord-Ovest, 3,8 nel Centro) e sono tornati entro i livelli pre-crisi.

Debito più sostenibile significa anche miglioramento dell’affidabilità creditizia, con benefici che si protraggono anche nel 2018. In tutte le aree analizzate, infatti, il numero di PMI con un upgrade della propria classe di rischio tra fine 2017 e fine 2018 supera quello di PMI con un downgrade. Ne è seguito un aumento della quota di aziende in area di “sicurezza”, che supera il 35% nel Nord. La quota di società a maggiore rischio di default risulta in leggero calo nel Nord (dal 7,5% al 7,4%) mentre torna ad aumentare nel 2018 nel Centro (dal 12,8% al 12,9%). E così la stima dei tassi di ingresso in sofferenza torna sui livelli pre-crisi, con la parziale eccezione delle regioni del Centro, dove si osserva ancora un gap rispetto a quei valori.

Primi campanelli d’allarme nel 2018, redditività di nuovo in calo nel 2019

Se fino al 2017 tutti gli indicatori monitorati nel Rapporto PMI Centro-Nord indicano una situazione in miglioramento, gli ultimi mesi del 2018 vedono suonare alcuni primi, significativi campanelli di allarme, peraltro in maniera non uniforme sul territorio. In diverse regioni del Nord-Ovest nel 2018 si è fermato il calo dei fallimenti avviatosi a partire dal 2015, che ovunque si attesta su livelli più elevati di quelli pre-crisi. I fallimenti aumentano in particolare in Liguria (+20%), Toscana (+15,4%), Friuli Venezia Giulia (+7,7%), Lombardia (+0,2%), mentre proseguono in maniera significativa la loro riduzione in Trentino Alto Adige (-40%), in Emilia Romagna (-16%) e nel Lazio (-13,2%). Aumentano anche le procedure concorsuali non fallimentari, soprattutto nel Nord-Est, dove l’incremento è del 33%.

Nel 2018 sono tornate a crescere le liquidazioni volontarie di imprese in bonis, significativo indicatore della percezione delle prospettive economiche delle imprese e della fiducia degli imprenditori. Sono quasi 2.600 le PMI del Centro-Nord ad aver chiuso i battenti volontariamente, il 2,8% in più dell’anno precedente. Anche in questo caso, tuttavia, il dato nazionale (+3,4% rispetto al 2017) è diversificato sul territorio: a crescere sono infatti le liquidazioni del Nord-Ovest (+16,7%), delle Marche e dell’Umbria, mentre nelle altre regioni si registra un calo, in particolare in Trentino Alto Adige (-26%).

Terminano la loro discesa e tornano ad allungarsi, dopo 5 anni di riduzione, i tempi di pagamento in tutte le aree monitorate, con l’incremento maggiore nel Centro (73,2 giorni per liquidare una fattura nel 2018, +2,2 giorni rispetto al 2017), e più contenuto nel Nord-Est (+0,5) e nel Nord-Ovest (+0,2); non mancano le regioni (come il Friuli Venezia Giulia e le Marche) che fanno segnare una ulteriore riduzione. Un segnale più forte di inversione di tendenza è costituito dall’aumento del numero di società che in media saldano le fatture in grave ritardo (oltre due mesi), casi che possono sfociare in mancati pagamenti o veri e propri default: è un fenomeno in crescita in quasi tutte le regioni analizzate, con situazioni di maggiore difficoltà in Lazio e in Umbria.

Anche nell’industria, il ritorno all’allungamento dei tempi dei pagamenti delle fatture, in tutte le ripartizioni, segnala un campanello d’allarme, più forte in alcune regioni (nel Lazio i giorni di ritardo passano da 16,3 a 25,6): unito alla lentezza con cui il livello di redditività lorda pre-crisi viene recuperato, segnalano fragilità da non trascurare.

Le stime relative all’andamento dei principali indicatori di bilancio per il 2018 (al momento di redazione del Rapporto i bilanci 2018 non sono ancora stati depositati) confermano la frenata: in tutte le aree monitorate, rallenta significativamente la crescita del fatturato, del valore aggiunto, del MOL. Secondo le previsioni di Confindustria e Cerved relative al campione di imprese analizzato, nel 2019 la crescita di fatturato e valore aggiunto dovrebbe dimezzarsi. Le conseguenze sulla redditività sarebbero evidenti: i margini crescerebbero con tassi intorno all’1% e la redditività netta tornerebbe a contrarsi. Gli indici di sostenibilità finanziaria dovrebbero confermare la stabilizzazione sui valori più recenti, con un peso degli oneri finanziari che torna (però) per la prima volta a crescere.

Solo nel 2020 è prevista una debole ripresa degli indici. Comincia, dunque, a farsi più concreto il rischio che il recupero, avviatosi a partire dal picco degli anni di crisi, possa rallentare la sua corsa: la messa in campo di azioni di lungo periodo per contrastare questa tendenza appare pertanto sempre più urgente.

Imprese più robuste, più aperte, più internazionalizzate

La fotografia delle PMI del Centro-Nord restituisce dunque una immagine positiva fino a tutto il 2017, con un tessuto imprenditoriale che torna a infittirsi e a recuperare fatturato e valore aggiunto, con alcuni elementi di preoccupazione che si fanno via via più visibili nel corso del 2018, e che rischiano di deteriorarsi ulteriormente nel 2019, in coincidenza con una fiducia calante degli imprenditori e con gli elementi di incertezza che caratterizzano l’economia nazionale e internazionale.Tali elementi di incertezza rischiano di rimettere sotto pressione un sistema di PMI finanziariamente più solido dopo la crisi ma con livelli di redditività ancora non sufficienti a recuperare, dappertutto, il terreno perduto. In questo quadro di crescente debolezza congiunturale, il rapporto approfondisce tre possibili percorsi per il recupero di livelli più elevati di competitività: la capitalizzazione e la crescita dimensionale; l’apertura del capitale aziendale; la propensione all’esportazione.

 La capitalizzazione

Per quanto riguarda la capitalizzazione, la strada sembra già intrapresa con decisione. Il patrimonio netto delle PMI del Centro-Nord (circa 3,5 milioni di euro) è, infatti, mediamente più elevato della media nazionale, grazie soprattutto ad una più robusta capitalizzazione delle imprese di medie dimensioni (poco meno di 8 milioni di euro), in particolare di quelle industriali (da 8,3 milioni del Nord-Est a 8,6 milioni nel Nord-Ovest).

Crescita dimensionale

L’irrobustimento dei patrimoni aziendali ha migliorato la solidità delle PMI: è una azione virtuosa, che non va interrotta, e che una azione convergente, pubblica e privata, può rendere più conveniente, anche per favorire il salto dimensionale che può consentire risultati più consistenti e più duraturi. Anche nelle regioni del Centro-Nord, l’impresa familiare è tuttora la tipologia d’impresa prevalente. I libri soci delle PMI mostrano che circa i due terzi delle PMI italiane (circa 100 mila imprese su 150 mila) sono a controllo familiare e che tale tipologia di controllo è maggioritaria anche nelle regioni del Centro-Nord. In particolare, Nord-Est (34,8%) e Centro (35,1%) sono le due aree in cui è più elevata la quota di PMI definibili come “chiuse”, ovvero società in cui tutti i soci e tutti i manager fanno riferimento alla famiglia che esercita il controllo dell’impresa.

Apertura al capitale esterno

L’ “apertura” di queste imprese all’apporto di capitali esterni può rappresentare una grande opportunità di crescita. Esiste, infatti, un bacino di aziende di estremo interesse, che si possono definire “eccellenti”, con un potenziale di crescita inespresso eppure molto rilevante. Nel campione delle circa 100 mila PMI di capitali del Centro-Nord sono state individuate, infatti, poco meno di 3.500 imprese che hanno caratteristiche compatibili con l’acquisizione da parte di un fondo di private equity (per crescita dei ricavi, profitti e generazione di cassa), e oltre 500 che hanno caratteristiche finanziarie, di governance e di leadership molto simili a quelle delle società già quotate, per un totale di oltre 4.000 imprese “eccellenti”. Si tratta in prevalenza (54%) di società appartenenti al settore dei servizi e per il 35% a quello dell’industria, che potrebbero, già ora, “aprire” il loro capitale ad apporti esterni, quotandosi o favorendo l’investimento dei fondi di private equity nel proprio capitale sociale.

Internazionalizzazione

La terza strada per rafforzare la competitività delle PMI del Centro-Nord è rappresentata dalla loro proiezione internazionale. Su un totale di circa 115 mila imprese, attraverso un’analisi su dati ufficiali e dati tratti dal web, sono state individuate circa 27 mila PMI con una forte vocazione internazionale, pari a poco meno di un quarto del totale. Una presenza che nel Nord-Ovest è più alta (27%) del Nord-Est (26%) e soprattutto del Centro (15% del totale).

Numeri consistenti, dunque, (sebbene differenziati sul territorio), ma ancora limitati,tenendo conto di quanto l’apertura internazionale sia una grande opportunità per le imprese interessate. Le PMI ad elevata propensione internazionale del Centro-Nord, registrano, infatti, risultati di bilancio (oneri finanziari, redditività, liquidità) sistematicamente migliori di quelli del complesso delle PMI e, in particolare, una crescita del valore aggiunto tra 2009 e 2017 di circa 8 punti superiore (nel Nord-Est e nel Nord-Ovest) a quella del complesso delle PMI, e di 15 punti nel Centro. Inoltre, grazie alla loro solidità, le PMI fortemente internazionalizzate pagano meno il denaro rispetto al complesso delle PMI italiane, cosicché i loro oneri finanziari pesano di meno sui margini lordi, e garantiscono maggiori profitti (13,9% contro 11,2% in termini di ROE).

Strumenti, idee e politiche per le PMI del Centro-Nord

Il Rapporto PMI Centro-Nord 2019 restituisce dunque l’immagine di un sistema imprenditoriale in buona salute fino al 2017, in cui i fondamentali delle PMI di capitali sono buoni e in miglioramento; una immagine che però, più di recente, inizia a deteriorarsi, nella quale i segnali di rallentamento iniziano ad essere visibili e con essi il rischio di una vera e propria frenata, causata più da un calo della fiducia delle prospettive economiche che non da un vero e proprio peggioramento delle condizioni operative delle aziende riscontrabili nei dati di bilancio.

Poiché il sistema delle imprese è finanziariamente più solido, e la natalità si mantiene ancora su buoni livelli, come già aveva mostrato il Rapporto dello scorso anno, non è la presenza imprenditoriale ad essere insufficiente, quanto la capacità di aumentare e rafforzare la presenza di imprese “eccellenti”: in altri termini, la debolezza di una chiara, definita, stabile e integrata politica capace di affiancare le PMI in questo processo di maturazione. Politica di cui deve far parte la necessaria prosecuzione dello sforzo di innovazione del sistema delle imprese.

Se quella dell’innovazione digitale resta la principale sfida di prospettiva che le PMI devono affrontare, in coerenza con le tre sfide indicate dal Rapporto, “apertura” diventa la parola chiave: apertura culturale; apertura del capitale; apertura dei mercati. Un maggior numero di imprese eccellenti, cioè quelle aperte ad apporti esterni, patrimonializzate, di dimensioni crescenti e a forte vocazione internazionale, possono essere l’obiettivo e lo strumento di tale apertura.

La terza sfida riguarda la capacità di approfittare pienamente delle opportunità dell’internazionalizzazione, che si conferma una scelta strategica, sia per l’attrazione di investimenti dall’estero, sia per incrementare la propensione alle esportazioni delle imprese.

Nel Centro-Nord, come in tutto il paese, servono dunque più imprese eccellenti, cioè più robuste, più capitalizzate, più aperte e più internazionalizzate, per premere di nuovo sull’acceleratore.

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