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Dicembre 2017

Rapporto Cerved PMI 2017

Analisi dello stato di salute delle PMI tramite i bilanci, la demografia, i pagamenti, il rischio. Impatti di Industria4.0 sulle PMI e sull'occupazione

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Copertina di 'Rapporto Cerved PMI 2017'

Il Rapporto PMI 2017 di  Cerved analizza lo stato di salute delle piccole e medie imprese italiane, individuate secondo la classificazione della Commissione Europea.

Nel 2016, per il quarto anno consecutivo, i bilanci delle PMI hanno mostrato chiari segnali di miglioramento, che confermano il rafforzamento dello scorso anno: prosegue infatti la crescita di ricavi (+2,3%), valore aggiunto (+4,1%) e MOL (+3,6%), a cui si associa un miglioramento della redditività netta, tornata sopra i livelli del 2008 e molto vicina ai livelli pre-crisi. Note positive anche per gli investimenti: dopo il crollo osservato tra 2007 e 2013, nel 2016 le PMI hanno fortemente accresciuto la propensione all’investimento, con andamenti positivi diffusi a tutte le dimensioni e i settori.

Si consolida anche l’inversione di tendenza nel numero delle PMI sul mercato. La crisi aveva infatti ridotto lo stock di piccole e medie imprese, portandolo dalle 150 mila unità del 2007 alle 136 mila del 2014; l’inversione di tendenza registrata nel 2015 (+3,1%) si è ulteriormente rafforzata nel 2016 (+3,6%), riportando il numero di PMI sul mercato a quota 145 mila. A contribuire maggiormente la crescita dimensionale delle microimprese, a cui si associa la forte diminuzione delle chiusure.

La ripresa sperimentata dalle PMI ha inoltre basi finanziarie e reddituali molto solide. Se nel corso del 2016 tornano a salire debiti commerciali (+1,2%) e finanziari (+1,1%), prosegue anche l’aumento del capitale proprio (+4,9%). Risultato è un ulteriore rafforzamento della struttura finanziaria delle PMI, testimoniata dal rapporto tra debiti finanziari e capitale netto, passato dal 115% del 2007 al 76%. Rafforzamento che si riflette negli score economico-finanziari assegnati alle imprese: oltre la metà delle imprese è classificato infatti come ‘solvibile’, mentre solo il 14% è ‘rischioso’.
Un’analisi sui bilanci delle PMI più solide mostra che, dal punto di vista finanziario, esiste un ampio spazio per una ulteriore crescita dell’indebitamento: in totale si stima che possano essere richiesti ulteriori 103 miliardi di finanziamenti senza peggiorare il rischio imprenditoriale, fondi che potrebbero accrescere gli investimenti e la capacità produttiva delle imprese.

La monografia del Rapporto è dedicata agli impatti del piano Industria 4.0 sulle performance e sui lavoratori delle imprese innovative, grazie all’incrocio di dati Cerved con dati INPS. Le aquile, società che hanno fortemente investito in innovazione ma anche in capitale fisico prima della crisi, mostrano caratteristiche peculiari: sono più giovani, impiegano più donne, più under 45 e una forza lavoro più qualificata. La maggiore propensione all’investimento si traduce in una maggiore rischiosità rispetto alle altre imprese. Questo si è riflesso in tassi di default più alti, che però sono più che compensati da una alta natalità. Dal punto di vista di bilancio, le aquile sopravvissute mostrano risultati particolarmente positivi in termini di crescita, produttività e redditività. Per quanto riguarda la forza lavoro, nonostante l’alto tasso di default incida sulla probabilità di non essere più impiegati, le imprese fortemente innovative sono quelle che hanno più accresciuto l’occupazione.

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