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Marzo 2018

Pmi piemontesi più solide e meno indebitate

La ripresa ha avuto effetti positivi sulle Pmi piemontesi. Crescono fatturato e valore aggiunto, migliorano redditività e profilo di rischio, diminuiscono ulteriormente i fallimenti

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Copertina di 'Pmi piemontesi più solide e meno indebitate'

I dati economici più recenti sulle PMI confermano che la ripresa economica italiana sta acquistando velocità e consistenza. La ripresa ha avuto effetti positivi sugli equilibri economici e finanziari delle nostre imprese, anche a livello locale.

Il Rapporto Cerved Pmi Piemonte 2018 conferma i segnali di recupero e consolidamento emersi negli ultimi 2-3 anni: crescono fatturato e valore aggiunto, migliorano redditività e profilo di rischio, torna ad aumentare il numero di Pmi del Piemonte, diminuiscono ulteriormente i fallimenti.

Il trend positivo dovrebbe essere proseguito anche nel 2018. I risultati del sondaggio dell’Unione Industriale e Confindustria Piemonte, condotto a marzo 2018 su un campione di quasi 1.400 imprese piemontesi, sono confortanti. Il 50% delle aziende ha aumentato il fatturato (contro il 17% che ha registrato una flessione); il 68% ha chiuso il bilancio con un utile (contro l’ 8%); il 22% ha ridotto l’indebitamento (contro il 10%); il 34% ha aumentato gli investimenti rispetto all’esercizio precedente.

Tutto bene dunque? Senza dubbio, i segnali di rilancio sono concreti e il nostro sistema industriale è più robusto rispetto a qualche anno fa. Un drastico processo di selezione “darwiniana” ha espulso dal mercato le imprese più deboli e più fragili dal punto di vista finanziario, tecnologico e produttivo, lasciandoci in eredità un sistema industriale certamente più snello e asciutto, ma complessivamente più solido.

Tuttavia, un eccesso di ottimismo sarebbe fuori luogo e anzi pericoloso. Non va dimenticato che resta molto ampio il ritardo del nostro paese (e del nostro sistema industriale) rispetto ai nostri concorrenti e partner più diretti. La crescita italiana è tra le più basse in Europa; il tasso di disoccupazione resta tra i più elevati; i livelli di attività sono inferiori del 15-20% a quelli precedenti la crisi; la crescita della produttività resta inferiore a quella dei concorrenti.

Il nostro sistema produttivo è in ritardo rispetto ai concorrenti nella “trasformazione digitale”: la cosiddetta “Industria 4.0”. Tecnologie abilitanti come robotica e automazione, big data e analytics, additive manufacturing, IOT sono ancora relativamente poco diffuse o poco pervasive. L’utilizzo della rete per vendite e forniture è episodico.

Il rischio è che nel medio termine segmenti importanti del nostro apparato produttivo possano essere messi fuori mercato, di fronte alle strategie aggressive ed efficaci messe in atto dai nostri concorrenti: non solo quelli tradizionali, ma anche nuovi players dinamici e innovativi. Un esempio emblematico è quello dell’auto: auto elettrica, ibrida, guida autonoma, “mobilità intelligente” sono le nuove frontiere tecnologiche globali che non vedono la nostra industria tra i protagonisti, nonostante il grande patrimonio di conoscenza e tecnologia.

Snodo fondamentale è quello degli investimenti: in innovazione, nuove tecnologie, persone. Durante la crisi il nostro sistema produttivo ha accumulato un forte gap di investimento. Il rapporto Cerved Pmi Piemonte 2018 ci dice che solo nell’ultimo anno, dopo anni di flessione, è tornato ad aumentare il rapporto tra investimenti e immobilizzazioni lorde.

I dati più recenti testimoniano come nel 2017 gli investimenti in macchinari e sistemi per produrre siano aumentati in misura rilevante, ma nel complesso la transizione a Industria 4.0 rimane incompleta e a macchia di leopardo, coinvolgendo una minoranza di imprese e settori.

Per accelerare questo processo di allineamento si richiedono alcune condizioni.

In primo luogo una politica industriale più efficace e incisiva , capace di definire strategie, priorità e strumenti. Il Piano “Industria 4.0” di Calenda si è mosso nella giusta direzione: le ricadute sugli investimenti sono state importanti, e non hanno soltanto facilitato o resi più convenienti processi già in atto. I suoi effetti si estenderanno anche al 2018, ma è necessario che l’intervento diventi in qualche misura strutturale.

In secondo luogo, si richiede una finanza più moderna. Ancora oggi il ricorso al sistema bancario rimane di gran lunga il principale canale di finanziamento sia dell’attività ordinaria sia dello sviluppo di progetti imprenditoriali. Il debito bancario ha mantenuto negli anni un peso sul totale dei debiti finanziari costantemente oltre l’80-85%. Solo un numero ristretto di aziende, poco più del 5%, ha diversificato le proprie fonti facendo ricorso ai mercati dei capitali.

La modernizzazione della finanza aziendale richiede una evoluzione del ruolo della Banca, da semplice fornitore di credito a partner finanziario. Accompagnare le imprese verso il “mercato” è un modo per renderle più robuste finanziariamente e dunque anche più “virtuose” rispetto agli accantonamenti previsti dai Regolamenti, che con i nuovi principi contabili saranno ancora più stringenti.

Ma è soprattutto alle aziende che si richiede un vero e proprio salto culturale. Non è pensabile che il nostro sistema industriale possa restare quale è oggi, si fronte alla enorme accelerazione dei processi di cambiamento. Crescita (dimensionale ma soprattutto qualitativa) e innovazione sono gli imperativi per i prossimi anni.

Per crescere e innovare, le imprese devono anche abbandonare l’eccesso di prudenza che le ha caratterizzate in questi anni di crisi e valutare la possibilità di aprirsi a nuovi partner. Se questi partner saranno di natura finanziaria, le orienteranno anche verso un nuovo modello di governance, più moderno ed efficiente. Una crescita di cultura finanziaria che si traduca in una maggiore trasparenza e una migliore comunicazione permetterà a un numero maggior di imprese di intercettare le rilevanti risorse presenti sul mercato dei capitali (sia domestico che internazionale), arricchite da “nuovi” e importanti strumenti quali ad esempio i PIR, con un orizzonte di medio-lungo periodo.

Nel Rapporto Cerved Pmi Piemonte 2018, abbiamo provato a fare un semplice esercizio di simulazione, calcolando il potenziale di investimento attivabile dalle Pmi piemontesi senza compromettere il proprio profilo di rischio. Il risultato è abbastanza sorprendente: si tratta di un volume molto rilevante di investimenti, grazie alla buona solidità economico-finanziaria e al numero consistente di imprese che operano sul mercato in completo autofinanziamento.

La mobilizzazione del potenziale di investimento delle imprese e l’utilizzo di risorse finanziarie alternative al credito bancario possono imprimere al nostro sistema produttivo quella accelerazione dei processi virtuosi di crescita e innovazione che potrà consentirci di meglio affrontare in modo vincente i processi evolutivi in atto.

Articolo di Luca Pignatelli, responsabile ufficio studi Unione Industriale di Torino.

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