«Oltre all’innalzamento dello spread e quindi del potenziale rischio d’impresa – ha precisato Valerio Momoni, direttore Marketing & Sviluppo Prodotti Cerved -, ci sono altri dati oggettivi che indicano qualche nuvola grigia all’orizzonte. Ad esempio, dagli ultimi mesi del 2017 sono tornati ad aumentare i mancati pagamenti delle imprese nelle transazioni commerciali, un fenomeno che è proseguito nei primi mesi del 2018 (non succedeva dal 2012). Un altro punto critico è che, dopo aver raggiunto un minimo durante il 2017, sono tornati ad aumentare i giorni medi di ritardo nei pagamenti delle PMI italiane, attestatisi a 10,8 giorni a metà del 2018. Pur rimanendo a livelli storicamente bassi, sono comunque segnali che devono accendere il radar dell’attenzione. In questa edizione per capire meglio abbiamo voluto allargare lo spettro dell’analisi e utilizzare i dati a nostra disposizione per capire l’evolutiva. Oggi esistono tantissime aziende veramente meritevoli, la cui crescita è frenata, per vari motivi, dalla mancanza di credito da parte delle banche. Le nostre analisi ci dicono che nel 2017 circa 57mila PMI hanno operato senza far ricorso al capitale bancario, ancora in aumento rispetto all’anno precedente (+1000) e, soprattutto, al 2012 (+6mila – +32%). Anche dopo la fine del credit crunch le banche continuano a selezionare con maggiore attenzione le controparti. I dati aiutano a portare chiarezza e a favorire quell’innesto di capitale terzo che potrebbe fare la differenza. Grazie alla marketing intelligence e a strumenti di credibility evoluti, infatti, è possibile portare maggiore trasparenza sul mercato, da un lato garantendo agli investitori la bontà delle loro scelte e, dall’altro, permettendo alle PMI di dimostrare il loro valore e la loro affidabilità. I nostri score economico finanziari, calcolati sulla base delle variabili di bilancio misurano la solidità strutturale delle Pmi italiane, evidenziando la loro capacità di generare flussi di cassa sufficienti per rimborsare i debiti contratti, acquisendo profili di rischio più solidi. Va ricordato, infatti, come anche nel 2017 il capitale netto delle PMI sia cresciuto più di debiti ed oneri, che continuano a pesare meno rispetto alla redditività lorda: guardando la progressione, nel 2014 era il 18,8%, nel 2015 il 16%, nel 2016 il 13,2% e nel 2017 il 12,1%. Un calo che ha riguardato tutte le fasce dimensionali e tutti i settori dell’economia. I nostri score ci dicono che circa due terzi delle PMI italiane è caratterizzata da una ridotta probabilità di default. Da un lato aumenta l’area di sicurezza, si riduce la quota di PMI in area di vulnerabilità e, dall’altra, aumenta lievemente la quota di PMI in area di rischio tra le piccole imprese, non tra le medie. Secondo le nostre previsioni, il tasso di ingresso in sofferenza previsto nei prossimi anni sarà in calo. I dati ci dicono anche che il sistema di PMI, in caso di rialzo dei tassi, oggi è più resiliente: il numero di PMI in difficoltà rimarrebbe ben al di sotto dei livelli del 2012».